Il ruolo del portiere ce l’ho nel sangue! Insegnarlo ai ragazzi è ciò che mi fa sentire vivo! Non potrei mai ricoprire altre mansioni.
Risponde così Massimo, quando gli chiediamo se nella sua esperienza nel calcio ha mai avuto lo stimolo di ricoprire il ruolo di primo allenatore.
A differenza degli altri mister intervistati da “Viaggio Calcistico”, Massimo si occupa infatti di allenare i ragazzi a parare, ricoprendo il ruolo di preparatore dei portieri. Nato nel 1968, partito dalla sua Ravenna, ha lavorato negli States, a Washington, per 8 mesi nel 2014, svolgendo tuttora camp ed attività in diversi stati USA.

Massimo, come ti sei avvicinato al ruolo e qual’ è stato il tuo percorso in Italia?
Sono cresciuto calcisticamente nel settore giovanile del Ravenna, per poi esordire a 17 anni in Serie D in una società veneta. Dopo aver militato come portiere tra l’Eccellenza e la Promozione romagnola per più di un decennio, decido di appendere i guanti al chiodo a 32 anni.
Il ruolo l’ho sempre amato, volevo rimanere in qualche modo nel calcio ed ecco che decido di intraprendere la “carriera” di formatore dei numeri 1.
Inizio a frequentare corsi, mi formo, prendo anche il patentino UEFA B. Inizio a lavorare per qualche settore giovanile di società professionistiche lavorando negli anni con Ravenna, Forlì e Cesena.
Nel tempo arrivano delle soddisfazioni, il ruolo mi piace, sento rispetto ed apprezzamento da parte degli addetti ai lavori.
Mi avvicino anche al mondo delle prime squadre, allenando i portieri della prima squadra del Romagna Centro e del Ravenna, con cui dopo il fallimento del 2012, ripartiti dalla Promozione torniamo in Serie D in 2 anni (con i portieri meno battuti del girone).
Negli ultimi anni i miei orizzonti si allargano: responsabile dei preparatori portieri nel settore giovanile del Cesena e del centro federale FIGC sempre a Cesena. Mi avvicino inoltre anche al calcio femminile.
Attualmente ricopro il ruolo di responsabile dei preparatori al Faenza, società che sta cercando di lavorare con particolare cura, attenzione e professionalità sul settore giovanile.
E da 10 anni collabori inoltre con delle academy negli USA. Ci racconti di cosa ti occupi e come sei entrato in contatto con la realtà statunitense?
Durante il mio percorso, ho sempre avuto l’idea di aprire una scuola portieri. Ecco che ancora 10 anni fa, navigando in Internet, sono entrato in contatto con una scuola calcio di Washington, la ODFC Academy in Virginia, che voleva sviluppare la formazione per i giovani numeri 1 del club. A mie spese, decido di prendere un volo per conoscere da vicino questa realtà. Conosco il presidente, con il quale entriamo subito in sintonia. Decidiamo di collaborare.
Per i primi anni vado a Washington sei volte all’anno (una volta ogni due mesi), rimanendovi di solito 7-10 giorni. In questa full immersion vengono organizzati camp, sedute di allenamento, raduni e clinic, dove alleno i ragazzi del luogo.
Nel 2014 rimango nella capitale della Virginia per 8 mesi, dove lavoro con continuità. Nel frattempo, le possibilità, i contatti e le collaborazioni aumentano.
Svolgo camp ed allenamenti a Las Vegas ed in Florida, mentre nel 2018 sono in Oklahoma, come selezionatore per la WPSL, la seconda lega statunitense femminile.

Com’ è il livello dei portieri statunitensi?
Per la mia personale esperienza, il livello medio è abbastanza carente. La motivazione principale è legata al fatto che la figura del preparatore specifico è carente, con una scuola portieri alle spalle abbastanza limitata. La cultura USA prevede un’attenzione particolare verso il multisport, sollecitando diversi stimoli motori ai ragazzi. Questo va bene fino ad una certa età, ma ad un certo punto della crescita del ragazzo diventa chiaramente importante la specializzazione del ruolo. Qui a volte mi arrivano ragazzi all’ allenamento che fino a mezzora prima della seduta hanno svolto un “training” di Football Americano, quindi acquisendo “pattern motori” totalmente diversi da quelli che poi richiedo.
Come è la mentalità dei ragazzi che alleni?
Partiamo da un presupposto: la scalata verso il calcio, ed in generale lo sport professionistico negli USA passa inevitabilmente dal college, le cui rette annuali sono elevatissime. Ecco che il ragazzo cerca di ottenere delle borse di studio per meriti sportivi applicandosi duramente per migliorare. In tal senso nell’ academy in cui ho lavorato e nelle realtà con cui collaboro la disponibilità, l’impegno e l’applicazione dei ragazzi è totale.
Qui vige salda una regola: MERITOCRAZIA. Sia per quanto riguarda la valutazione dei giocatori che quella degli allenatori. È un valore fondamentale nel calcio locale. Scrivilo mi raccomando… ci tengo particolarmente a sottolinearlo…

Com’ era organizzata la tua giornata tipo quando hai vissuto a Washington e durante i camp?
A Washington svolgevo allenamenti generalmente dalle 14:00 alle 20:00, spesso sabato e domeniche comprese. Mentre, durante i camp, le sedute sono previste dalle 8:00 del mattino alle 14:00 e dalle 17:00 alle 19:00 circa. In certi stati come la Florida ad esempio è indispensabile che vi sia una pausa a metà giornata, dovuta al caldo.
Com’ è stato l’approccio al mondo calcistico statunitense?
L’impatto è stato positivo. Ho riscontrato una disponibilità ed una apertura mentale veramente fuori dal comune. L’essere italiano ed avere una buona conoscenza dell’inglese mi ha sicuramente favorito. Percepisco grande rispetto da parte di colleghi e responsabili. Noi allenatori italiani siamo visti in maniera molto positiva.
Per quanto riguarda invece la gestione dei genitori noto che certe dinamiche sono uguali a quelle italiane, con lamentele riferite spesso al minutaggio del figlio in partita. Ogni mondo è paese e certe dinamiche sono uguali alle nostre anche qui…

Quali sono i tuoi obiettivi futuri?
Ho sempre cercato di vivere alla giornata, valutando e cogliendo ogni opportunità interessante che ho avuto in vent’ anni di carriera. Ho 51 anni, ma la passione, l’entusiasmo e la voglia di mettermi in gioco di un ragazzino. Sono quindi disponibile ed aperto a qualsiasi opportunità, sia all’ estero che in Italia. In questo momento sono concentrato sui ragazzi del Faenza e sul continuare a collaborare con le realtà statunitensi, ma rimango aperto e curioso riguardo quello che mi riserverà il futuro.
É uscito il mio libro “L’allenatore nel dragone”
Dedicato ai viaggiatori, agli allenatori, ai curiosi: come si allena e si vive in Cina?
Scoprilo:
