
Passione.
E’ questa la sensazione che lascia trasparire Francesco quando gli chiediamo di raccontarci della sua esperienza da allenatore e dell’ attuale incarico come coach e responsabile tecnico di “Cffa Academy”, società di Dubai che si occupa di settore giovanile.
Una passione che porta da sè fin da piccolo, quando ancora bambino va a vedere gli allenamenti della sua squadra del cuore: l’ Inter! Ma a differenza di tanti bambini innamorati di un giocatore in particolare, lui viene attratto soprattutto dalla metodologia di allenamento della squadra, dai segreti che si celano dietro la parte “tecnica” della seduta. Parte da qui la storia di Francesco Tramarin.
Francesco nasce il 23 Luglio del 1991 ad Este in provincia di Padova.
Quale è stato il tuo percorso da allenatore?
Mi sono laureato in Scienze Motorie iniziando ad allenare per tre anni nell’attività di base del Colognola ai Colli, società dilettantistica della provincia di Verona affiliata all’ Hellas. Dopo un tirocinio all’Hellas Verona, nella stagione 2011/12 ho l’opportunità di lavorare nella società gialloblù, allenando come primo allenatore i pulcini e da “secondo mister” negli Allievi Nazionali.
Nel frattempo, continuo nella mia formazione, frequentando prima il corso CONI-FIGC e poi il patentino UEFA B.
Parallelamente al ruolo di istruttore inizio a lavorare anche nelle scuole, come insegnante di educazione motoria, arrivando ad allenare nel frattempo gli Under 12 all’ Hellas. Infine, ho svolto il ruolo di responsabile tecnico dell’attività di base per la delegazione FIGC di Verona.

Come sei entrato in contatto con l’academy di Dubai che poi ti ha ingaggiato?
All’improvviso, come un fulmine a ciel sereno!
Nell’estate 2019 avevo già l’incarico per la stagione successiva all’ Hellas (sarebbe stato il mio ottavo anno in gialloblù). Ma ad inizio Luglio mi chiama Mirco Mazzantini (da 10 anni allenatore degli U15 della Fiorentina), un mio amico, di Italian Soccer Style (progetto rivolto all’organizzazione di camp e clinic a livello internazionale), proponendomi la possibilità di un’ esperienza all’estero presso “Cffa Academy” negli Emirati Arabi, a Dubai. Lì per lì mi si apre un mondo. Nell’immediato sono un po’ preoccupato per l’ inglese, lacuna a cui sto cercando di rimediare, ma provo comunque a buttarmi, inviando il mio curriculum. Il giorno dopo vengo contattato, mi inviano la proposta di lavoro, il contratto. Le condizioni economiche sono soddisfacenti. Decido di fare un salto nel vuoto. Comunico ai dirigenti dell’ Hellas di questa improvvisa opportunità, loro comprendono. Da lì a qualche settimana sarei stato negli Emirati Arabi ad allenare.
Come è stato l’approccio con il nuovo paese?
Lo ammetto, il primo mese è stata durissima.
In un paese totalmente diverso dall’Italia, culturalmente distante dal nostro. Con un caldo asfissiante, l’inizio è stato difficile. Ho dovuto adattarmi non solo per quello che riguarda gli aspetti extra-calcistici, ma anche in campo la mia idea di calcio ha dovuto scendere a compromessi con l’identità locale. Un esempio? L’intensità degli allenamenti. Allenarsi a 41° con il 90% di umidità ti obbliga a dover rivedere l’idea di gestione della seduta, sia per quanto riguarda appunto la richiesta metabolica che la gestione delle pause.
L’impatto con colleghi, responsabili e ragazzi invece è stato estremamente positivo. I giocatori sono disponibili, ascoltano, seguono e sono disciplinati ed educati. Gli altri allenatori mi hanno trattato fin da subito con rispetto ed affetto, orgogliosi di avere tra di loro un tecnico italiano. Si lavora in sinergia in un clima positivo per la crescita dei ragazzi e di conseguenza dell’ academy.

Ora con l’inglese come va? Che lingua utilizzi fuori e dentro al campo?
Qui tutti, parlano inglese. Pensate che sui cartelli stradali viene utilizzata prima la lingua anglosassone, e sotto la scritta in arabo. I ragazzini sul campo sono i miei migliori maestri. Utilizzando loro un linguaggio più semplice, da bambini, mi esercito tantissimo con loro. Condurre un allenamento con efficacia non è difficile. Grazie alle dimostrazioni ed all’utilizzo di un inglese anche non fluido si riescono a trasferire le corrette informazioni. Mi trovo poi a lavorare con tanti indiani ai quali devo talvolta ricordare di parlare in inglese, ma in generale riesco a farmi capire. Mi butto, anche a costo di sbagliare. Ripeto, inizialmente la lingua era la mia più grande paura, ma poi col tempo, e soprattutto facendoti capire sul campo questo è uno scoglio superabile.
Com’è organizzato il settore giovanile?
L’academy come dicevo, si occupa esclusivamente di settore giovanile, allenando ragazzi dai 6 ai 16 anni. Ogni gruppo è composto da circa 10 bambini con 2 allenatori sul campo, con allenamenti di un’ora e mezza.
I ragazzi si allenano su sette centri, quasi tutti in erba sintetica, in strutture eccellenti, in tre differenti emirati: Sharjah, Dubai e Ajman (gli emirati totali sono sette: Abu Dhabi, Ajman, Dubai, Fujaira, Ras al-Khaima, Sharjah e Umm al-Qaywayn). Ogni centro ha due giorni prestabiliti di allenamento. Normalmente le sedute sono fissate durante la settimana (alla sera), o nel week-end (che qui è il venerdì ed il sabato), con allenamenti anche alle sei del mattino per scongiurare il caldo.
Ogni ragazzo, in base al centro dove si iscrive, paga mensilmente dai 350 ai 450 dirham che corrispondono ai nostri 85/110 euro! Un totale di circa 1.000 euro all’ anno per ragazzo.
I giocatori vengono divisi in Elitè e non-Elitè in base alla qualità. I primi svolgono campionati e tornei anche a livello internazionale (in India, Spagna, Cina), con un’attenzione particolare al risultato, in quanto importante pubblicità per l’academy.
Il campionato locale a cui partecipiamo prevede che le partite fino agli Under 10 vengano disputate 7v7, gli Under 12 8v8, Under 14 9v9 e solo a partire dagli Under 16 si gioca 11 contro 11.
In Cffa Academy lavorano quasi venti allenatori, tutti patentati o laureati in Scienze Motorie. Tutti i mister sono professionisti, con regolare stipendio e contratto che li permette di vivere solo di calcio.
L’ambizione tecnica della società, oltre ad aumentare il numero degli iscritti, vincere le gare e far crescere i giocatori è di valorizzare almeno un talento ogni anno, da poter vendere a club che militano nella massima serie (l’anno scorso hanno venduto il loro primo giocatore).

Come è organizzata la tua settimana tipo?
Lavoro 6 giorni su 7!
Al mattino dalle 9 alle 14 sono in sede a Dubai. Organizzo gli allenamenti, formo gli allenatori locali, lavoro a metodologia e programmazione dell’ academy. Al pomeriggio, dalle 16 alle 20 vado sul campo, svolgendo allenamenti a squadre di diversa annata (soprattutto U15 e U16), supervisionando le sedute e dando consigli agli allenatori.
Ed il tuo stile di vita?
Come detto, lavoro tanto, quindi cerco di sfruttare l’unico giorno libero che ho a disposizione visitando il paese. La vita fuori dal campo non è semplice. Il mio appartamento si trova a Sharjah, situata a 30 km da Dubai. Qui la città è in uno degli emirati più chiusi e per certi versi conservatori del paese. L’alcol è vietato, di conseguenza in zona non ci sono pub, discoteche o locali. La metro chiude alle 10:30. Per quanto riguarda invece le temperature c’è da dire che tra novembre ed aprile il clima è decisamente buono, durante il giorno a 24-27° e la notte intorno ai 16°. In Estate invece si soffoca letteralmente.

Quale è la percezione che hanno dell’allenatore italiano?
Qui negli Emirati l’allenatore italiano è visto come un guru. Rispettano la scuola calcistica italiana. Ne riconoscono capacità, cultura e storia. Inoltre per l’academy, avere un direttore tecnico italiano è importantissimo per avere visibilità e di conseguenza un ritorno importante in termini di iscrizioni. In sintesi l’allenatore italiano è ben voluto, stimato e rispettato.
Cosa è stato utile per ottenere l’incarico?
Per la mia personale esperienza si sono rivelati fondamentali il patentino UEFA B e l’ aver lavorato per una società professionistica italiana (L’Hellas Verona FC).
Ti manca l’Italia?
L’Italia è l’Italia. Sono orgoglioso di essere italiano e lo sono diventato ancor di più vivendo all’estero. Abbiamo tutto. Prendete il mangiare. Qui siamo in mezzo al deserto, ogni cibo, qualsiasi cosa è importata. Guardate cosa ci offre l’Italia! Basterebbe così poco… ma l’Italia è ovvio che mi manca. Tanto. Qui sono forti col petrolio, la benzina costa 0,22 centesimi al litro. Con 8 Euro fai un pieno. L’IVA è all’1%. Stanno crescendo e vogliono primeggiare. Ma ripeto,quello che c’è qui non è comparabile a quello che può offrirci l’Italia.
Che consiglio ti senti di dare a chi vorrebbe imitare la tua esperienza?
Chiaro che occorre investire su se stessi: la formazione ed il curriculum sono importanti. E poi è chiaro che occorre anche nutrire contatti in generale nel mondo del calcio, diciamo “comportarsi bene”, nella speranza di poter avere la chance giusta. Non si sa mai che qualche tuo amico mister conosca un dirigente che collabora con qualche realtà all’estero che sta cercando un mister italiano da ingaggiare. Per me è stato così.
Inoltre se avete la possibilità e chiaramente le condizioni… buttatevi. Viaggiare apre nuovi orizzonti, vedere il calcio da una diversa prospettiva fa chiaramente crescere umanamente e professionalmente.

Mappa degli Emirati Arabi Uniti.
I tuoi obiettivi per il futuro?
Nei prossimi mesi mi sposterò in India per qualche settimana, in quanto l’academy vuole aprire nuove Scuole Calcio anche là. In generale tuttavia cerco di vivere almeno per il momento alla giornata, non precludendomi nessun tipo di opportunità.
É uscito il mio libro “L’allenatore nel dragone”
Dedicato ai viaggiatori, agli allenatori, ai curiosi: come si allena e si vive in Cina?
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