Allenare nel calcio giovanile francese

Di Francesco Scolaro

Luca Fardella, 36 anni, è originario di Asti. La vita e il lavoro l’hanno portato a vivere in Francia, dove è potuto tornare all’attività calcistica non solo sotto le vesti di giocatore. L’abbiamo raggiunto per farci raccontare la sua esperienza in terra francese.

Luca, come hai iniziato nel mondo del calcio e cosa facevi in Italia?

Ho iniziato da giocatore, militando in categorie dilettantistiche FIGC e giocando anche, per qualche anno, nel CSI. Poi per un periodo ho smesso: fino ai 28 anni lavoravo in Italia, ma l’occupazione mi portava via veramente molto tempo anche in relazione a quanto potevo vedere la mia famiglia. Con il passaggio in Francia, le cose sono un po’ cambiate.

Così sei entrato nel mondo del calcio oltralpe?

Esatto. Arrivato in Francia, a Nantes, ho avuto la possibilità di iniziare un nuovo lavoro, che dal punto di vista logistico – iniziando il mattino molto presto – mi ha permesso di tornare a giocare. Sfortuna ha voluto che un infortunio mi bloccasse dopo non molto tempo. La passione però è rimasta, quindi ho cercato di rimanere nel mondo del calcio e ho approfittato di una possibilità interessante: quella di effettuare la formazione da allenatore, costi compresi, “a carico” della società di appartenenza. Poter iniziare ad allenare mi ha fatto tornare un po’ bambino.

Quali possibilità ha un allenatore italiano che vuole intraprendere un’avventura in Francia?

Le possibilità ci sono, ma è importante innanzitutto considerare la regione: al sud la cultura calcistica si avvicina di più agli standard italiani per i quali il calcio è una religione. Per questo nelle regioni meridionali c’è più concorrenza. Al centro e al nord, invece, l’interesse è in qualche modo minore, dunque le possibilità di lavoro si ampliano.

Per iniziare concretamente può essere utile informarsi sulle richieste di lavoro disponibili sui siti dei dipartimenti regionali della federazione (i cosiddetti “départemental”). Chiaramente, la base è rappresentata dallo studio e dalle proprie competenze.

È uscito il mio libro:

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E per quanto riguarda il metodo di allenamento?

Personalmente ritengo che il metodo di un allenatore debba evolversi continuamente, così cerco anche io di aggiornarmi il più possibile. Bisogna saper essere “camaleontici” e saper variare per poter allenare, soprattutto all’estero. Io ho fatto di questo credo il mio punto di partenza, perché, anche se sembra una frase fatta, il giorno in cui smetti di cercare è il giorno in cui diventi limitato.

Il calcio giovanile francese è simile a quello italiano per struttura e cultura?

Ci sono similitudini e punti di divergenza. Nei settori giovanili fino agli 8 anni si pratica il calcio a 3, poi da 8 a 11 il calcio a 5 e da 11 a 13 il calcio a 7. Dai 13 anni in su si passa a tutti gli effetti a 11.

Quello che cambia è la cultura sportiva: rispetto all’Italia c’è una maggior impronta a insegnare, tramite il cosiddetto PEF (Programme Éducatif Fédéral), i valori della vita. C’è la consapevolezza che come cantava Morandi solo “1 su 1000 ce la fa” a realizzare il sogno di giocare a livello professionistico, dunque l’idea è quello di formare prima di tutto persone.

Quali sono i tuoi programmi futuri?

Al momento sono fermo poiché sto terminando la formazione sia per il UEFA B sia per un altro progetto che mi permetterebbe di diventare educatore sport-adattativo. Non ho niente di fissato ma vorrei poter utilizzare quest’ultima qualifica per poter aiutare, nel calcio, i ragazzi con forme di autismo.

Cosa consigli a chi vuole cominciare un’esperienza da allenatore in Francia?

A seconda delle possibilità, il mio consiglio è quello di iniziare con un lavoro già alle spalle: infatti non tutte le società, a livello locale, possono pagare molto i loro allenatori. Per iniziare e avere un primo approccio con il calcio francese, inoltre, possono essere utili gli stage estivi organizzati dalle società professionistiche come PSG o Nantes stesso. Come dicevo in precedenza, il passo successivo può essere, per esempio, la ricerca di possibilità di lavoro tramite i siti della federazione.

Infine, prima di partire, è fondamentale considerare l’aspetto linguistico: conoscere già un minimo di francese è la base per poter vivere qui e lavorare nel mondo del calcio.

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