Come allenare in Argentina lavorando per Inter Academy

Da Brescia all’ Argentina. Viaggio Calcistico ha incontrato Othman El Jaouhari, mister bresciano che dal 2017 lavora per Inter Academy: per i nerazzurri sta viaggiando il mondo in lungo ed in largo, allenando nelle academy internazionali del club.

Othman, parlaci della tua esperienza nel mondo del calcio.

Sono nato nel 1992 a Brescia, da genitori di origine marocchina. Ho iniziato a 4 anni a giocare, coltivando dentro di me un sogno: diventare un calciatore professionista. Da ragazzo ho militato nel settore giovanile del AC Lumezzane, ma più passavano gli anni e più mi accorgevo che diventare un calciatore non era così semplice. Fortunatamente già da ragazzo avevo le idee chiare e avevo un piano B: volevo a tutti i costi rimanere nel mondo del calcio. Così mi sono prima diplomato in un liceo sportivo e poi ho conseguito la laurea in scienze motorie. Gli anni dell’università sono stati importantissimi e molto intensi: studiavo, giocavo a calcio (in Promozione bresciana), allenavo in una scuola calcio, e facevo da preparatore coordinativo agli esordienti del Brescia Calcio. Praticamente dal lunedì al venerdì uscivo di casa al mattino con 3 borsoni diversi e tornavo alle 10 di sera. Al sabato avevo la partita dei bambini che allenavo, e alla domenica giocavo io. 

Com’ è nata la possibilità di maturare un’esperienza da allenatore all’estero e quali sono le realtà dove hai lavorato?

Dopo aver conseguito il patentino UEFA C ho iniziato ad allenare alla Voluntas Montichiari, società bresciana affiliata all’ Inter. Dopo qualche mese ho frequentato un master organizzato dalla società nerazzurra aperto solo agli allenatori che lavoravano nelle società affiliate. Da questo master sarebbero stati selezionati degli allenatori da inserire nello staff del progetto Inter Academy. Terminato il corso, dopo qualche settimana arrivò la telefonata del responsabile Marco Monti direttore del progetto, per un colloquio. Andò tutto bene e fui preso. Per me fu un momento molto gratificante: poter lavorare per la squadra che tifi, girando il mondo vivendo della tua passione, all’età di 25 anni rappresentava un sogno divenuto realtà.. 

Firmato il contratto iniziai a girare il mondo: Grecia, Croazia, Belgio, Georgia, Slovacchia, Cina. Attualmente mi trovo a Còrdoba, in Argentina.

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Come sono organizzate le academy per cui lavori?

Il progetto Inter Academy è composto da circa 20 Academy, presenti in Europa, Asia, Sud America e Nord America. Siamo uno staff di 25 allenatori, che vengono mandati per periodi di 2-3 mesi a lavorare nelle realtà in giro per il mondo, con l’obiettivo di esportare la nostra metodologia e di condividerla con gli allenatori locali. Il nostro lavoro, oltre ad avere una valenza tecnica, punta forte sull’aspetto educativo e sociale, poiché a volte ti trovi a lavorare in paesi culturalmente molto distanti dal nostro, dove sono abituati a relazionarsi con bambini e ragazzi in modalità diverse dalle nostre.

Generalmente le academy sono composte da allenatori locali qualificati, e laureati, e devono rispettare dei prerequisiti imposti da noi, con a capo un coordinatore locale che garantisce il rispetto delle linee guida. Chiaramente dobbiamo essere flessibili, adattandoci al contesto locale. Ad esempio in Cina avevamo una forte collaborazione con le scuole, ed al mattino andavo negli istituti a fare attività mentre al pomeriggio allenavo le squadre Élite dagli Under 8 agli Under 11. In Argentina invece collaboriamo direttamente con un club locale e personalmente mi occupo di tutta la gestione tecnica dell’ academy: dagli Under 8 agli Under 18.

Com’è stato l’impatto con queste realtà?

L’impatto è stato positivo sotto tutti i punti di vista. Uno dei prerequisiti per poter lavorare in Inter Academy è la conoscenza delle lingue ed i tal senso parlando fluentemente 4 lingue straniere sono avvantaggiato nel calarmi di volta in volta nel contesto in cui sono impiegato. L’Argentina ad esempio mi ha sempre affascinato, già in Italia bevevo il mate (tipico tè argentino), ed avevo una buona padronanza dello spagnolo.

 Gli argentini sono persone solari, simpatiche, e accoglienti. Ti posso dire che  un argentino ha tre cose cui non può rinunciare: l’asado (carne alla brace), il mate e il calcio…  perché qua il calcio è più di un semplice sport. La passione è incredibile e questo lo si può notare quotidianamente anche solo passeggiando per strada: si vedono campi da calcio ovunque , bambini e bambine che giocano per strada o nei “potreros” che sono dei campi di terra con porte improvvisate situati nei “barrios”. Spesso ragazzi e famiglie vedono nel calcio l’unica ancora di salvataggio per poter uscire da situazioni sociali abbastanza complicate.

Ci descrivi la tua giornata tipo?

Nonostante sia sempre stato abituato ad organizzare nel dettaglio le mie giornate, in Argentina mi sono dovuto adattare a ritmi diversi dai nostri, e ai fuori programma che sono all’ ordine del giorno.

Generalmente la sveglia suona alle 7:30, e mentre faccio colazione ascolto Radio Sportiva per rimanere aggiornato su quello che succede calcisticamente in Italia. Al mattino preparo gli allenamenti del pomeriggio, contatto gli allenatori locali per avere notizie sui ragazzi (infortuni, assenze, problemi extra) e condivido con loro le sedute d’allenamento. Il pomeriggio dalle 15:30 alle 20.00 sono sul campo dove alleno in prima persona o supporto gli allenatori locali consigliandoli e formandoli.

Solitamente il lunedì svolgo una riunione con tutto lo staff degli allenatori, per condividere le linee guida della metodologia Inter e per fare un’analisi generale sulle partite che si sono svolte nel weekend. Sabato e domenica seguo le partite delle nostre squadre girando i diversi campi dove sono impegnate le nostre formazioni.

Generalmente come trovi il livello dei ragazzi?

In Argentina il livello dei ragazzi è molto buono, con un’alta intensità sia durante gli allenamenti che in partita. Spesso in Italia pensiamo che il calcio sudamericano sia fatto solo di giocatori con tecnica sopraffina e giocate da circo, in realtà la prima caratteristica che noti vedendo un ragazzo giocare è la sua aggressività e la sua cattiveria agonistica. Un esempio? Da noi la partita di fine allenamento viene chiamata “partitella”, e talvolta non viene presa sul serio come una vera partita di campionato. Qui no. Qui la chiamano “futbol” ovvero calcio, e tutti giocano al massimo. Nessuno si risparmia tra contrasti, scivolate, gomitate e parolacce spesso devo intervenire per calmare i giocatori e stemperare gli animi.

La figura dell’allenatore è molto rispettata, spesso i ragazzi a fine allenamento vengano a dirti “gracias profe”: per loro potersi allenare con un allenatore italiano è un privilegio, fanno molte domande e chiedono consigli per poter migliorare.

Come ti trovi fuori dal campo?

Sto bene. Riesco a coltivare le mie passioni. Fuori dal contesto lavorativo guardo molte partite alla tv, ed anche da qui, riesco a vedere tutte le gare dei maggiori campionati europei. Mi piace leggere libri, soprattutto biografici, vado in palestra… generalmente il venerdì sera esco a bere qualcosa con lo staff in centro città. La dirigenza o gli allenatori locali sono ospitali: mi invitano spesso a mangiare l’asado o a bere mate a casa loro.

Quali sono i tuoi obiettivi per il futuro?

L’obiettivo a breve termine è quello di completare il corso UEFA B, anche se essendo sempre all’ estero non ho tempo di frequentare le lezioni. Poi nel lungo periodo mi piacerebbe continuare la formazione e conseguire licenze più alte. Sono molto soddisfatto delle esperienze che sto facendo, mi stanno arricchendo sia umanamente che tecnicamente. Per adesso non mi pongo limiti, sono molto ambizioso, e sono convinto che con dedizione, studio, umiltà e un pò di fortuna  riuscirò a trasformare i miei sogni in realtà.

L’allenatore nel dragone

Manuale per allenatori di calcio in Cina

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