Di Scolaro Francesco
Che si tratti di calcare un campo o di dirigere le operazioni da un’area tecnica, quando sei
originario di Calcio (BG) il tuo percorso sportivo non può che prendere una direzione ben precisa.
Scherzi a parte, Omar Murati conosce entrambe queste realtà, e dopo aver terminato
relativamente presto la carriera da calciatore ha preso in mano lavagna tattica e fischietto
innamorandosi ancor di più di questo sport.
Con una valigia in mano e molto entusiasmo nel suo bagaglio, ha girato 3 continenti prima di
arrivare, oggi, ad allenare l’U14 del Liechtenstein. L’abbiamo raggiunto per farci raccontare la sua
esperienza.
Omar, quali sono le tue origini a livello calcistico?
La mia avventura calcistica da giocatore si è interrotta abbastanza presto, a 18 anni, complici due
infortuni al ginocchio. La voglia di continuare nel settore però c’era, così mi sono messo ad aiutare mio padre ad allenare e mi si è aperto un mondo.

Dopodiché hai iniziato a viaggiare…
Esatto. La “svolta” vera e propria nell’esperienza da allenatore è arrivata in Australia, paese nel
quale sono andato a vivere per un po’ di tempo terminate le scuole superiori. Qui sono venuto in
contatto con persone che lavoravano al Milan Academy e così, grazie a loro, ho iniziato ad
allenare proprio per il Milan Academy a Sydney.
L’amore sbocciato definitivamente per l’allenare mi ha poi portato, una volta rientrato in Italia, a
conseguire il Patentino UEFA C e UEFA B. Il ritorno in patria è però stata “solo” una tappa, dal
momento che dopo tre anni qui il Milan Academy mi ha proposto di tornare ad allenare all’estero,
questa volta in Kuwait.

Com’è arrivata la chiamata dal Liechtenstein?
A marzo 2019, dopo 5 mesi in Kuwait, è arrivata la prima proposta via mail da parte della
federazione. Devo però ringraziare soprattutto mio fratello: vive e gioca in Liechtenstein ed è stato lui a fare il mio nome quando ha saputo che la federazione cercava un allenatore esterno al loro contesto nazionale. Dopodiché si è trattato di fare qualche colloquio via Skype per conoscere
meglio quello che oggi è il mio responsabile, e la federazione ha deciso di ingaggiarmi.
É uscito il mio libro:
L’ALLENATORE NEL DRAGONE:
STORIA DI UN ALLENATORE IN CINA
Clicca qui per leggerlo

È un contesto così diverso, quello del Liechtenstein, da quello italiano?
In generale la gente è più “nordica” rispetto all’Italia, nel senso più puro del termine: le persone
sono molto educate ma anche molto riservate.
Anche a livello calcistico non mancano le differenze con il nostro paese, a partire dal metodo di
allenamento richiesto dalla federazione, il footeco. È un sistema utile, a mio avviso, perché tutte le società e tutti gli allenatori condividano una linea comune verso il perseguimento degli obiettivi.
Sapere in che direzione dover lavorare e con quali obiettivi ritengo sia un punto di partenza
formidabile. Altre differenze importanti riguardano l’approccio stesso allo sport: c’è meno tattica e
l’approccio al gioco è più “formativo” rispetto all’Italia.
E per quanto riguarda il tuo metodo?
Il mio metodo di allenamento tiene conto di molti aspetti. In primis cerco di adattarmi al footeco richiesto dalla federazione. Ma non rinuncio di certo a portare qualcosa di mio: l’influenza delle
esperienze passate e il background di un allenatore che come me viene dall’Italia vogliono essere
una componente importante del mio metodo. Tradotto: cerco di portare le situazioni su cui ci
esercitiamo a un livello più vicino alla partita. Che non vuol dire andare dietro al cliché
dell’allenatore italiano che vuole fare tattica a tutti i costi in U14, ma al contrario avvicinare i ragazzi alle situazioni che dovranno affrontare durante la gara (dando per esempio, all’ esercitazione, una direzione).

Le differenze si estendono anche alla parte organizzativa/“strutturale”?
Sì. Il nostro “match-day” è il sabato e affrontiamo soprattutto squadre professionistiche svizzere.
Da un punto di vista organizzativo c’è senz’altro un legame più diretto tra federazione e scuole
rispetto all’Italia: grazie a questa struttura possiamo lavorare con i ragazzi anche al mattino due
volte a settimana (mantenendo comunque i 3 allenamenti settimanali pomeridiani fissi).
Cosa puoi dirci della cultura sportiva in Liechtenstein?
Personalmente trovo che in questa nazione ci sia una cultura sportiva fantastica. A partire dagli
impianti, che sono ben curati e gestiti, fino alle questioni comportamentali e ai valori sportivi:
l’atteggiamento dei ragazzi che alleno è esemplare e non ho mai visto né da loro né dai genitori
comportamenti fuori posto. In questi aspetti, in Italia, siamo molto indietro.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Il primo obiettivo ora è il conseguimento dell’UEFA B+ per poi accedere all’UEFA A. Sto studiando al centro federale di Berna e devo dire che mi sto trovando bene. Inoltre sto imparando molto qui soprattutto dal punto di vista dell’organizzazione del lavoro. Non sono il tipo che ragiona troppo a lungo termine, ma al momento continuare in Liechtenstein o in Svizzera e raggiungere questi
obiettivi, per poter allenare nazionali anche maggiori in futuro, è una prospettiva interessante.
É uscito il mio libro:
L’ALLENATORE NEL DRAGONE: STORIA DI UN ALLENATORE IN CINA
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